Procedimento disciplinare e rapporto di lavoro
licenziamento immediato per i corrotti
L’ art.32-quinquies del codice penale prevede che in caso di condanna a due anni per peculato, corruzione, concussione consegua l’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni , enti pubblici e enti a prevalente partecipazione pubblica. In altre parole in caso di condanna per un reato contro la Pubblica Amministrazione consegue il licenziamento immediato del dipendente.
Cenni sul procedimento disciplinare
il procedimento disciplinare nel pubblico impiego è regolato dal DPR 165 del 2001 ed ai vari contratti collettivi nazionali di lavoro per i singoli comparti che, in ogni caso, non sono difformi dalla norma di legge.
A seconda della gravità dell’infrazione disciplinare e della sanzione, la normativa prevede che ci sia la competenza del dirigente del settore (per le infrazioni meno gravi) o dell’UPD (per le infrazioni più gravi).
Sono previste scansioni temporali per la contestazione, per l’avvio del procedimento disciplinare per la sua conclusione, sono stabilite norme di procedimento e soprattutto regole per il diritto di difesa dell’incolpato.
Per quanto riguarda il tema centrale di queste note, ossia i casi in cui un pubblico dipendente possa aver commesso dei reati, c’è una norma specifica che disciplina i rapporti tra il procedimento disciplinare e procedimento penale, l’articolo 55-ter del DPR 165.
Il principio stabilito dalla legge e fondamentalmente quello dell’autonomia tra disciplinare e penale: il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale.
Sospensione del procedimento disciplinare: per le infrazioni gravi (punite con la sospensione sopra i 10 giorni) l’UPD, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale. Il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo. Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente.
Se il dipendente viene sanzionato in sede disciplinare poi viene assolto in sede penale può chiedere al UPD ( entro 6 mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale) di riaprire il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’UPD riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare viene anche riaperto se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
Il badge, l’orario di lavoro
False attestazioni o certificazioni
Articoli 55 quater e quinquies del DPR 165/2001
Reclusione da uno a cinque anni + multa da euro 400 ad euro 1.600: così viene punito il dipendente che attesta falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente: il grande classico è il dipendente assente che si fa passare il badge dal collega.
Così viene anche punito chi giustifica l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o falsamente attestante uno stato di malattia
La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella commissione del delitto: cioè anche il collega che passa il badge per l’amico concorre in questa particolare tipo di truffa e prenderà la stessa pena da uno a cinque anni di carcere.
La legge stabilisce che il dipendente debba anche rimborsare la retribuzione presa abusivamente, e risarcire all’azienda il danno all’immagine.
Ma non è tutto, perché l’articolo 55 quater stabilisce che in questi casi c’è sempre la sanzione disciplinare del licenziamento.