Decreto semplificazioni 16 luglio 2020 n. 76: limiti ai regolamenti comunali “NO ANTENNE (anche 5G)”

Per il “Codice delle comunicazioni elettroniche” (DPR   259 del 2003) è il Comune a rilasciare l’autorizzazione  per installare le antenne telefoniche, e deve farlo “con le modalità più veloci e semplificate possibili”,  previo accertamento da parte dell’ARPA della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione e  i valori di attenzione stabiliti dalla legge 36 del 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”).

Il DPCM dell’8 luglio 2003 fissa i limiti di esposizione e dei valori di attenzione per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici.

In Piemonte la materia è anche regolata dalla Legge regionale  19 del 2004 che, tra l’altro, stabilisce che cosa possa fare il Comune in caso di superamento dei livelli:

a) superamento limiti di esposizione: il Comune diffida i gestori degli impianti a ridurre il valore di campo rilevato entro il limite di esposizione consentito secondo le indicazioni dell’ARPA, in caso di inadempienza dei gestori il comune richiede alle Amministrazioni centrali c la disattivazione degli impianti.

b) superamento dei valori di attenzione: il Comune diffida i gestori degli impianti ad eseguire la riduzione a conformità, compatibilmente con la qualità del servizio e previo accertamento da parte del Ministero delle comunicazioni.  Se la riduzione a conformità non consente il mantenimento della qualità del servizio, i gestori presentano alla Città metropolitana di Torino una proposta di piano di risanamento, che viene adottato dalla Città medesima avvalendosi del parere dell’ARPA, sentiti i comuni interessati.  Se i gestori non presentano proposte, il piano di risanamento è formulato dalla Città Metropolitana su proposta dell’ARPA e dei comuni.  In caso di mancato risanamento secondo le previsioni e prescrizioni del piano, a causa dell’inerzia o inottemperanza dei gestori, la Città metropolitana richiede al Ministero la disattivazione degli impianti,

La legge regionale viene applicata in base alla “DIRETTIVA TECNICA IN MATERIA DI LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI” della Giunta regionale, che stabilisce quali siano le aree sulle quali si può o non si può installare una antenna: Aree sensibili (tipo ospedali, scuole, RSA) su cui l’installazione può esser vietata , Zone di installazione condizionata (area compresa nel raggio di 30 m dal confine esterno delle aree sensibili, beni culturali, centro storico, parchi naturali, etc) su cui il Comune può dare particolari prescrizioni, Zone di attrazione (aree industriali, aree a bassa o nulla densità abitativa) per cui il regolamento comunale può prevedere procedure semplificate per l’installazione,  Zone neutre  in cui si può installare antenne senza limiti.

In tutto questo come si collocano i regolamenti comunali sulle antenne ?

L’art 8 comma 6 della legge 36  del 2001 stabiliva, fino ad oggi, che i Comuni possono adottare un “regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

Il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni) ha modificato questo comma 6 che oggi recita così: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato…”

Sembra una rivoluzione copernicana ma, alla fin dei conti, non è poi una gran novità perché la nuova formulazione della norma riprende ciò che da sempre dicono i TAR  e il  Consiglio di Stato ossia, per semplificare minimi termini, che:

1) per il “Codice delle comunicazioni elettroniche” le antenne telefoniche sono di pubblica utilità e sono equiparati alle opere d’urbanizzazione primaria, quindi possono essere ubicate in qualsiasi parte del territorio comunale, per il ”principio di capillarità  della localizzazione degli impianti”.

2) La Corte costituzionale con sentenze  307 e 331 del 2003 ha affermato che regioni e comuni possono stabilire criteri localizzativi per le antenne ma senza “impedire od ostacolare ingiustificatamente l’insediamento”, e che sono costituzionalmente legittimi i regolamenti comunali  a tutela dei siti sensibili se consentono “una sempre possibile localizzazione alternativa” e non determinano invece “l’impossibilità della localizzazione”.

3) il regolamento comunale non può imporre limiti generalizzati all’installazione delle antenne se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete del territorio nazionale.

4) Il Comune deve fissare regole ragionevoli che non comportino un divieto di installazione generalizzato e riferito a intere zone urbanistiche: per i TAR, ad esempio,  sono legittimi i regolamenti che impediscono l’installazione di antenne nei centri storici, vicino a scuole e ospedali “purché sia comunque garantita la copertura di rete con impianti collocati in aree alternative”.

3) Il Comune non può infatti prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici: è proprio questo tema, affermato tantissime volte dai giudici, che oggi è stato inserito dal nuovo “decreto semplificazioni” nella vecchia legge 36.

Ecco perché, alla  fin dei conti, il panorama non è cambiato granché.

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