Denaro e beni dell’Ente

Il denaro e i beni di proprietà dell’Ente o di terzi sono sacri: li si utilizza soltanto per i fini pubblici che sono propri dell’ente, non li si usa mai per fini personali, non si distolgono mai dall’uso pubblico.
Le regole sono chiare e sono dettate dal codice penale, del codice di comportamento dei pubblici dipendenti e dai regolamenti interni dei singoli enti.
È chiaro che la violazione di queste regole comporta responsabilità penale, responsabilità civile (ossia l’obbligo di restituire le cose e il denaro di cui ci si appropriati e anche di risarcire il danno, per esempio il danno all’immagine), e responsabilità disciplinare.
Iniziamo dal codice di comportamento dei pubblici dipendenti (UDPR 62 del 2013) il cui articolo 11 dispone che “il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell’ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell’amministrazione a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d’ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d’ufficio”.
Appropriarsi delle cose e del denaro dell’ente, ma anche di quello degli utenti o dei fornitori o di chiunque altro, è reato di peculato: basta che il denaro o la cosa siano nella disponibilità del dipendente a causa delle sue mansioni e, se se ne appropria, commette questo gravissimo reato.
Ci sono due tipi di peculato, quello vero e proprio e quello d’uso:

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