FALSITÀ MATERIALE COMMESSA DAL PUBBLICO UFFICIALE IN ATTI PUBBLICI Art.476 codice penale
Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso [2699, 2700 codice civile], la reclusione è da tre a dieci anni.
La norma tutela la fede pubblica, ossia la fiducia che la collettività ripone nella verità e genuinità di determinati documenti e nella speditezza e certezza della loro circolazione.
ATTO PUBBLICO: non solo quei documenti redatti con le prescritte modalità da un notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato a dar loro pubblica fede, ma anche quei documenti formati dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni, attestanti fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza ed aventi attitudine ad assumere rilevanza giuridica. La falsità deve dunque investire un atto che abbia la potenzialità di assumere giuridica rilevanza.
Nel concetto di atto pubblico vengono altresì ricondotti gli atti interni della pubblica amministrazione che siano destinati, tramite un apporto conoscitivo o valutativo, a far parte del procedimento amministrativo.
CASISTICA
CASO N.1: Integra il reato di cui all’art.476 c.p., la condotta del pubblico ufficiale che annoti falsamente sul registro di protocollo una missiva indirizzata all’assessore comunale competente in realtà mai redatta alla data ivi indicata e mai trasmessa al destinatario, in quanto il registro di protocollo è atto accompagnato da fede privilegiata e la data nonché la numerazione progressiva che viene attribuita all’atto in esso annotato rappresenta una specifica attività certificativa propria del pubblico ufficiale ed integra la connotazione pubblicistica anche di questa scrittura. Né rileva, a tal fine la settorialità del registro di protocollo, il quale ancorché destinato ad un ambito più ristretto del Protocollo generale, svolge la medesima funzione attestativa preordinata al pubblico interesse. (Cass. pen. Sez. V Sent., 22/09/2010, n. 39623)
CASON.2: Risponde di falso in atto pubblico l’assessore comunale che, autorizzato a partecipare ad un convegno, si reca altrove, incassa la somma stanziata assumendo di aver smarrito i giustificativi ed esibisce un’autorizzazione a partecipare all’altra manifestazione a firma del sindaco, ma redatta su di un foglio in realtà da questi firmato in bianco, retrodatata e non protocollata.( Cass. pen. Sez. V, 24/06/2010, n. 37225)
CASON.3: La timbratura del cartellino orario da parte del dipendente comunale al momento dell’ingresso, non seguita da alcuna timbratura attestante l’uscita, perfeziona un atto pubblico idoneo a certificare falsamente la presenza continuativa del dipendente sul luogo di lavoro, quantomeno fino al momento in cui non interviene una verifica o viene apposto il timbro in uscita, e pertanto integra il reato di falso in atto pubblico
CASO N.4: Integra il reato di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici la condotta del pubblico ufficiale il quale manipoli le domande di condono edilizio, in quanto il documento del privato recepito dalla pubblica amministrazione riceve un contenuto aggiuntivo per effetto delle successive integrazioni di fonte pubblicistica e per tale nuovo profilo, che presenta autonomia funzionale, è qualificabile come atto pubblico. Nella specie, alcuni funzionari del comune modificavano le pratiche del condono edilizio, anche mediante l’apposizione di timbri di protocollo retrodatati, e sostituivano la documentazione allegata – disegni, schede catastali e modelli ministeriali – così da far conseguire la sanatoria per opere realizzate dopo la presentazione delle domande, ovvero per superfici superiori a quelle originariamente indicate (Cass. pen. Sez. V, 23/01/2004, n. 8684)