La responsabilità degli enti (d.lgs. 231/01) per infortunio sul lavoro ai tempi del Covid-19

A CURA DELL ‘AVV EDOARDO GRIFFA

Sono trascorsi quasi due mesi da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia per il Covid-19, e in questo periodo di tempo abbiamo imparato a convivere con una nuova entità che ha sconvolto le nostre vite, i nostri rapporti sociali ma soprattutto ha modificato radicalmente l’intero mondo del lavoro.

 

Le aziende sono corse ai ripari per limitare le perdite economiche rispolverando da un lato soluzioni come lo smartworking, che permettessero la prosecuzione delle attività lavorative e la continuità aziendale e dall’altro tutelando la sicurezza e la salute dei propri dipendenti mediante il potenziamento dei dispositivi di protezione individuale e in generale delle misure antinfortunistiche.

 

In un contesto completamente nuovo e dai confini molto mobili in cui domina l’incertezza sul presente e sul futuro di questa pandemia, le imprese dotate di un modello di organizzazione e gestione (il MOG) come devono atteggiarsi ?

 

L’art. 42 del D.L. n.18/2020 “Decreto Cura Italia”, ha stabilito che “nei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro,  il  medico  certificatore  redige  il  consueto certificato di infortunio e lo invia  telematicamente  all’INAIL  che assicura, ai sensi delle vigenti  disposizioni,  la  relativa  tutela dell’infortunato”.

 

Il contagio da Covid 19 in occasione dell’esercizio di attività lavorativa è considerato come un infortunio sul lavoro, ed è dunque possibile che, se l’evento dovesse derivare da inefficienze o carenze organizzative e quindi da colpa, possa insorgere un duplice profilo di responsabilità: la responsabilità penale del datore di lavoro per i reati di lesioni colpose o omicidio colposo in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, e una responsabilità amministrativa-penale della società ai sensi dell’art. 25septies del D.lgs n. 231 del 2001.

 

In questi casi i riproporrà il tema classico che riguarda i reati colposi posti in essere da soggetti apicali o subordinati che, per configurare responsabilità dell’ente ai sensi della 231, debbono essere stati commessi “nell’interesse od a vantaggio dell’ente”: se non è difficile immaginare come un reato doloso possa essere finalizzato a perseguire un interesse un vantaggio della propria società, questo è molto più complesso per i reati colposi che trovano radice nella imperizia, nell’imprudenza, nella negligenza o nella violazione di norme tecniche di condotta. Questo potrebbe per esempio capitare quando il reato di lesioni o omicidio colposo a carico del lavoratore sia stato cagionato da logiche di risparmio (di costi o di tempi), visto che le misure di prevenzione antinfortunistiche costano e sicuramente non semplificano, di per sé, lo svolgimento dell’attività lavorativa. Lavorare alla garibaldina, senza rispettare le pur minime norme di sicurezza tesa a evitare il contagio (DPI, distanza, nuova sistemazione delle postazioni di lavoro) con tutta probabilità sarà ritenuto fatto colposo e pertanto gravido di conseguenze penali per il responsabile e di carattere penale amministrativo per la società.

 

La società dovrà dunque essere pronta a presentare a propria discolpa un MOG che preveda uno strumentario di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

L’art. 30 del “Testo Unico in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro” 81/2008, prescrive le modalità per assicurare un corretto sistema aziendale anche ai fini 231:

a)  rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici, e biologici;

b) valutazione dei rischi e predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) sorveglianza sanitaria;

e) informazione e formazione dei lavoratori;

f) vigilanza sul rispetto delle procedure;

g) acquisizione di documentazioni e certificazioni;

 

Mi pare pertanto necessario che i MOG prevedano la possibilità di contagio virale nelle aree a rischio (che, inevitabilmente almeno per ora, si configurano con l’intera attività d’impresa) e quindi declinino l’attività di prevenzione onde evitare che il contagio di un lavoratore possa essere imputato a un soggetto apicale o subordinato dotato di delega e poteri in tema antinfortunistici e, a cascata, una responsabilità amministrativo-penale della società.

 

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