SOLO IL MEDIATORE ISCRITTO E PALESE HA DIRITTO ALLA PROVVIGIONE: IL BON TON DELLA PROFESSIONE. LE REGOLE PER LA PLURALITA’ DI MEDIATORI

Due recenti sentenze della Suprema Corte hanno assestato un bel colpo al fenomeno dell’abusivismo professionale.

L’art. 73 del D. Lgs. 26 marzo 2010 n. 59 ha soppresso il Ruolo dei Mediatori, ma non ha abrogato la Legge 39 del 1989 che lo aveva istituito, disponendo che le attività’ disciplinate dalla legge n. 39 siano soggette a dichiarazione di inizio di attività, da presentare alla Camera di Commercio: in buona sostanza, il mediatore può essere iscritto nel Registro solo se ha i requisiti di legge, e se ha superato l’esame d’ammissione.

Lo stesso art. 73 statuisce che “Ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella L. 3 febbraio 1989, n. 39, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA)”.

Ebbene , la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16147 dell’8 luglio 2010 ha stabilito una volta per tutte che “hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che sono iscritti nei registri o nei repertori tenuti dalla Camera di commercio secondo l’art. 73”.

La sentenza esprime poi un secondo principio, non meno importante, risolvendo un contrasto di opinioni sino ad allora non sopito: “anche i procacciatori di affari, che svolgono in modo occasionale o discontinuo l’attività di intermediazione per la conclusione dell’affare su incarico di una parte, devono essere iscritti, con la conseguenza che la mancata iscrizione esclude il diritto alla provvigione”.

Di notevole interesse è una pronuncia recentissima, la sentenza 7 giugno 2011 n. 12390, con la quale la Cassazione ha ribadito a chiare lettere un principio già affermato in passato: “la mediazione presuppone la volontà delle parti di avvalersi dell’opera del mediatore, con la conseguenza che il rapporto (e il diritto alla provvigione) non sorge nei confronti della parte che non sia stata posta in grado di conoscere l’opera di intermediazione ed abbia dunque incolpevolmente ignorato l’attività del mediatore”.

Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione è insomma necessario che l’attività di mediazione sia da questi svolta in modo palese, e cioè rendendo note ai soggetti intermediati la propria qualità e la propria terzietà. Non è infatti sufficiente che le parti abbiano concluso l’affare grazie all’attività del mediatore se non siano state messe in grado di conoscere l’opera di intermediazione da lui svolta, e non abbiano perciò neppure potuto valutare l’opportunità di avvalersi o no della relativa prestazione e di soggiacere ai conseguenti oneri. Pertanto, non meriterà alcuna provvigione il mediatore che, con il suo comportamento, abbia potuto ingenerare nelle parti una falsa rappresentazione della qualità attraverso la quale si sia ingerito nelle trattative che hanno condotto alla conclusione dell’affare.

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Con la sentenza n. 16157dell’8 luglio 2010, la Suprema Corte ha dato chiarimenti preziosi su di un tema spesso dibattuto, quello della “pluralità di mediatori”.

L’art. 1758 del Codice Civile dispone che se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori, ciascuno di essi ha diritto a una quota di provvigione.

Secondo la Corte, perché sussista l’ipotesi di pluralità di mediatori e sorga in capo a ciascuno di essi il diritto ad una quota della provvigione, non è sufficiente che più mediatori abbiano prospettato alle stesse parti lo stesso affare, ma è necessario che abbiano concorso alla conclusione dell’affare, pur agendo separatamente l’uno dall’altro: in altri termini, non sussiste il diritto al compenso quando, dopo una prima fase di trattative avviate con l’intervento di un mediatore senza risultato positivo, le parti siano successivamente pervenute alla  conclusione dell’affare per effetto d’iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili con le precedenti o da queste condizionate.

Solo se l’assoluta autonomia della seconda attività di mediazione non sussista e l’affare sia concluso per l’intervento di più mediatori, (congiunto o distinto, contemporaneo o successivo, concordato o autonomo, in base allo stesso incarico o a più incarichi), ciascuno di essi ha diritto ad una quota di provvigione.

Ed allora, la regola è questa: il diritto alla divisione della provvigione tra più mediatori sorge solo quando essi abbiano cooperato alla conclusione  dell’affare 1) simultaneamente e di comune intesa oppure 2) autonomamente ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, in modo da non potersi negare un nesso di concausalità tra i loro interventi e la conclusione dell’affare, e sempre che si sia trattato dello stesso affare, sia sotto il profilo soggettivo, che oggettivo.

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